Se Carducci avesse usato il correttore
Come sarebbero diventate molte delle poesie che abbiamo studiato alle scuole elementari se nell’Ottocento fosse esistito il correttore ortografico? Oggi conosciamo ancora abbastanza l’ortografia per scrivere senza commettere errori? I dislessici possono trovare un valido aiuto nel correttore che automaticamente fornisce la grafia corretta?
Molte di queste domande sorgono spontanee visto che ormai è difficile pensare di scrivere su una tastiera senza l’aiuto di un correttore che segnali o elimini almeno i comuni errori di battitura. Anche Google, quando scriviamo le parole per fare una ricerca (si chiamano keyword, o chiavi di ricerca), si permette di correggere i nostri errori e suggerire i termini corretti insinuando: “volevi forse cercare …”
Il correttore ortografico
Da molti anni autorevoli linguisti lavorano a fianco degli informatici che sviluppano software per creare programmi sempre più intelligenti che correggono non solo singole parole, ma sono diventati sensibili al contesto e per di più si permettono di suggerire le parole quasi leggendo nel nostro pensiero (in realtà utilizzando sofisticati algoritmi che combinano linguistica, statistica e abitudini personali dello scrivente).
Il contesto e le abitudini
Oggi i correttori valutano ogni parola non soltanto di per sé, ma anche tenendo conto delle parole circostanti e, in più, imparano dalle abitudini del singolo utilizzatore. Questo si vede bene sullo smartphone che, presumibilmente, viene utilizzato con continuità dalla stessa persona.
Tanto per fare un esempio, mio figlio soprannominato Cecio le prime volte dal mio smartphone veniva automaticamente cambiato in Ciccio, ma in breve tempo, vista la frequenza dei miei messaggi, è tornato a chiamarsi Cecio, anzi mi viene suggerito immediatamente non appena scrivo “cec”.
Quando lo schermo e’ piccolo piccolo
Sugli smartphone i correttori tengono conto dell’ergonomia limitata di chi sta scrivendo su una tastiera di minime dimensioni, quindi non solo correggono, ma aggiungono segni d’interpunzione, suggeriscono le parole successive, presentano alternative, così con pochi tasti riusciamo a scrivere intere parole.
Tutti noi, anche le signore con le dita affilate, la prima volta che abbiamo stretto tra le mani uno smartphone ci siamo chiesti come avremmo mai fatto a digitare su quello schermo tutto piatto dove i nostri polpastrelli non avrebbero potuto farsi guidare dalla forma fisica dei tasti. Eppure in brevissimo tempo ci siamo abituati e scriviamo in scioltezza se non interi poemi almeno belle ramanzine su WhatsApp.
A proposito, avevo scritto whatsapp, ma lipad me lha subito corretto in WhatsApp.
Scrivere in tante lingue
Inutile dire che, affinché un correttore sia efficace e dia una mano senza fare danni, debba essere impostato nella lingua prescelta (per scrivere questa frase ho battuto: “Inu dir ch, aff un co sia effi e dia un m se far dan, deb es impostat sul lingua prescel”). Attenti voi bi-tri-multilingue: il rischio della confusione è sempre dietro l’angolo e i risultati possono essere disastrosi.
Poi non bisogna fidarsi troppo dei correttori che potrebbero prendere grossi abbagli (“poi n bis fidar tro dei corr c potrebbe pren grossi abbagli “). Gli Inglesi sono maestri nell’inventare trucchi per sfidarli: vi divertirete a leggere “The Spell Checker Poem“.
Comunque anche a noi Italiani che godiamo di una fonetica più melodiosa conviene controllare sempre scrupolosamente tutti i testi, in particolare quelli destinati alla pubblicazione anche sul web, altrimenti può succedere, come nell’esempio raffigurato qui di fianco, di incappare un’agenzia web che realizza siti stitici!
Se non si corregge il correttore…
A ripensarci oggi, se Carducci avesse avuto l’iPad e non fosse stato attento a rileggere i suoi scritti, noi a scuola avremmo studiato “L’albero cui tendevi la par galletta mano” oppure “I cipressi che a blogger alti e schietti”.